La Smart, fatta in Cina ed esportata in Ue, subisce i dazi auto elettriche di Bruxelles contro Pechino. Sino al 31 dicembre 2024, la Casa blocca i prezzi di tutta la sua gamma. Poi, dal primo gennaio 2025, gli aumenti. Entreranno in vigore gli “inevitabili adeguamenti tariffari” legati all’introduzione delle tasse.
Da qui alla fine dell’anno, la Casa assorbirà gli incrementi legati ai dazi, bloccando i prezzi di tutte le Smart #1 e #3 disponibili in Italia. Questo “testimonia il costante impegno del brand nel supportare i propri clienti anche in un contesto di incertezza economica”, dice la società. Il blocco sui prezzi si applica agli ordini stipulati entro il 31 dicembre 2024, con protezione sul contratto di 120 giorni.
È del Gruppo Geely
Infatti, Smart è della cinese Geely e della tedesca Mercedes. Subisce le tariffe doganali pari al 18,8%. Quindi, ecco un aumento dei listini di 2.000 euro su tutta la gamma. Rincaro di 2.500 euro per la sportiva #3 Brabus. Il problema riguarda due categorie. Uno: la società cinese fa auto in Cina e le esporta qui. Due: la società europea che fa auto in Cina e le esporta qui. Una mazzata per tutti i costruttori di questo genere. E una legnata anche contro i consumatori: le full electric – anziché essere protette e incentivate – vengono sanzionate. I prezzi restano altissimi, con poche stazioni di ricarica. L’auto elettrica è sacra e va tutelata: un gioiello di tecnologia. Così però l’Ue fa di tutto affinché i potenziali clienti siano messi in fuga. Misteri della tecnocrazia di Bruxelles.
Dazi e politiche Ue: tre guai
Primo. Il 30 ottobre sono entrati in vigore i dazi definitivi sulle importazioni di auto elettriche dalla nazione del Dragone, ma proseguono i negoziati Ue-Cina per trovare soluzioni alternative compatibili con le indicazioni dell’Organizzazione mondiale del commercio: lo ricorda l’Unrae Case estere. Non c’è chiarezza in modo stabile. Non c’è la tutela di un’equa concorrenza.
Secondo. Il percorso di transizione energetica verso gli obiettivi del Fit for 55 appare attualmente non univoco tra i vari Paesi membri. Persistono divergenze interpretative sulle modalità attuative, sui tempi di transizione e sugli impatti economici delle norme europee. Risultati: le Case auto faticano a pianificare strategie di medio-lungo periodo e rallentano gli investimenti industriali; gli automobilisti sono disorientati nell’effettuare le proprie scelte di acquisto.
Terzo. Le infrastrutture di ricarica a livello europeo sono considerate non ancora adeguate, come evidenziato anche nel Rapporto sulla Competitività di Mario Draghi alla Commissione europea. Serve un cronoprogramma puntuale per lo sviluppo delle infrastrutture di ricarica pubbliche, con obiettivi chiari definiti per singola area geografica e tipologia stradale. Occorrono anche semplificazioni per accedere ai contributi per le infrastrutture private e la proroga di tali incentivi, oltre a un credito d’imposta al 50% per gli investimenti in ricariche fast charge, sostiene l’Unrae.