Volkswagen: gravi le previsioni per il 2024 mentre la domanda di auto è in flessione

Dario Marchetti Autore
Anche VW conferma il momento sempre più complicato per l’economia tedesca
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Per il gruppo Volkswagen sembra proprio che i guai non finiscano mai. A confermare il pessimo momento dell’azienda di Wolfsburg, infatti, nella giornata di venerdì è arrivato il taglio delle sue previsioni annuali. Un ridimensionamento che è il secondo in meno di tre mesi, causato da una performance più debole del previsto nella sua divisione autovetture. Il tutto mentre la pressione sulla principale casa automobilistica europea continua ad aumentare, coi sindacati che sembrano ormai sul piede di guerra contro i licenziamenti messi in cantiere dal quartiere generale di VW.

Volkswagen è solo l’ultimo gruppo tedesco che taglia le previsioni per l’anno in corso

Le previsioni al ribasso di Volkswagen non rappresentano altro che la classica punta dell’iceberg. Sono infatti solo le ultime provenienti dai giganti automobilistici tedeschi, facendo seguito a quelle di Mercedes-Benz e BMW. Ad accomunarle è l’indebolimento dei mercati automobilistici globali, a partire da quello della Cina, il più grande al mondo.

Protesta sindacato IG Metall

Il taglio in questione arriva ad appena due giorni di distanza dall’avvio dei colloqui tra la dirigenza VW e IG Metall, il sindacato più potente della Germania, in merito a salari e tutela del posto di lavoro. La diatriba ha ormai assunto le vesti di un conflitto storico, tale da poter condurre alla prima chiusura di fabbriche tedesche nella storia della casa automobilistica.

La Volkswagen prevede ora un margine di profitto di circa il 5,6% nel 2024, in calo rispetto al precedente, il quale si muoveva in una forbice tra il 6,5 e il 7% precedente, e al di sotto della stima del 6,5% di LSEG, mentre le vendite dovrebbero scendere dello 0,7% a 320 miliardi di euro (356,7 miliardi di dollari). Il tutto dopo che la società aveva inizialmente previsto un aumento fino al 5%.

I motivi del taglio, secondo VW

La Volkswagen ha affermato di aver tagliato le sue previsioni in modo da tenere nel debito conto un contesto di mercato difficile e una serie di sviluppi che non hanno soddisfatto le aspettative iniziali, in particolare per i marchi Volkswagen Passenger Cars, Volkswagen Commercial Vehicles e Tech Components.

La casa automobilistica tedesca, che detiene la maggioranza delle quote di Porsche AG e del gigante dei camion Traton, ha inoltre dovuto procedere ad una riduzione delle proprie previsioni per le consegne globali a circa 9 milioni di veicoli. Il precedenza l’obiettivo era stato indicato in 9,24 milioni, che avrebbe significato un aumento del 3% rispetto a quanto realizzato nel corso dell’anno precedente.

Porsche SE, la holding delle famiglie Porsche e Piech che detiene la maggior parte dei diritti di voto in Volkswagen e rappresenta il maggiore singolo azionista della casa automobilistica, ha anch’essa dovuto ridurre le proprie previsioni in seguito al declassamento di Volkswagen.

Sede Volkswagen

Naturalmente gli effetti si sono subito avvertiti sulla Borsa di Francoforte, ove le azioni Volkswagen e Porsche SE hanno lasciato sul terreno rispettivamente lo 0,7% e l’1,6%. Un trend che potrebbe proseguire nei prossimi giorni, alla luce del conflitto sempre più aspro con IG Metall, che ha praticamente diramato l’avviso di lotta ai propri aderenti.

Per la Germania è un momento molto complicato

L’economia tedesca, orientata alle esportazioni, è stata duramente colpita dal rallentamento dell’economia globale, verificatosi in un momento caratterizzato dalla carenza di manodopera qualificata, dagli elevati prezzi dell’energia e dalla crescente pressione dei rivali asiatici più economici. Una pressione avvertita anche da altri giganti dell’economia teutonica, in particolare Thyssenkrupp e BASF.

Ad aggravarlo le tante decisioni errate prese da una classe politica che sembra assolutamente inadeguata. Come dimostra, del resto, il crescente successo delle ali di destra e sinistra, ovvero AFD e BSW, il quale potrebbe essere confermato alle prossime politiche, gettando il Paese in quell’instabilità istituzionale sempre stigmatizzata quando si trattava dell’Italia. Instabilità che potrebbe preludere, peraltro, a quella di altri pezzi importanti dell’Unione Europea.

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