Unione europea polveriera pronta a esplodere sui dazi auto elettriche cinesi

Ippolito Visconti Autore News Auto
Chiamatela DisUnione europea, perché unita non è mai stata: adesso è una polveriera pronta a esplodere sugli extra dazi auto elettriche cinesi fino al 37,6%.
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Chiamatela DisUnione europea, perché unita non è mai stata: adesso è una polveriera pronta a esplodere sugli extra dazi auto elettriche cinesi fino al 37,6%, mentre in passato stava sotto il giogo di Germania e Francia (e un po’ Paesi Bassi a ruota dei tedeschi). Di base, tutti hanno una convinzione più o meno palesata: la Cina è così forte che puoi mettere tutti i dazi che vuoi, il Dragone ci farà a pezzi grazie alla sua tecnologia. Attenti alla metafora cinese: “La marcia dei marchi cinesi di veicoli elettrici verso l’Europa continuerà”, ha affermato Lei Xing, fondatore della società di consulenza AutoXing. “È come andare da 80 km/h a 60 km/h o anche più lentamente, ma non si fermerà”. Nell’Ue, ci sono 6 schieramenti.

1) Chi auspica i dazi verso le auto elettriche cinesi per preservare la sua industria: la Francia e qualche accolito, tipo la Spagna. 

2) Chi si schiera contro perché desidera delocalizzare o ha già delocalizzato le produzioni in Cina: la Germania. Che traina la Svezia e forse i Paesi Bassi, i secondi storicamente fidanzati del colosso teutonico. BYD, Geely e Saic danneggiati. Ma anche modelli prodotti in Cina dala statunitense Tesla e da BMW (pure con Mini) e da altri produttori occidentali. I contro dazi anti auto tedesche Audi (VW) BMW e Mercedes vendute in Cina costituirebbero una legnata senza precedenti per i germanici. Le Case automobilistiche cinesi hanno esortato Pechino il mese scorso ad aumentare le tariffe sulle auto europee a benzina importate come ritorsione per le tariffe, ha riferito il 19 giugno il quotidiano Global Times, sostenuto dallo Stato. A un incontro a porte chiuse per discutere la risposta, hanno partecipato aziende tra cui SAIC, BYD, BMW, Volkswagen e la sua divisione Porsche.

3) Chi non ha un’industria automobilistica da difendere: Grecia e Irlanda. Aspettano di capire con chi schierarsi.

4) Repubblica Ceca, Grecia, Irlanda e Polonia sarebbero ancora in dubbio.

5) Lo schieramento trasversale che avverte: se mettiamo i dazi sulle auto elettriche cinesi, e intanto togliamo il bando alle termiche nel 2035, finisce che il Dragone ci annienta con le vetture elettriche plug-in. Vedi in questo senso l’ascesa irrefrenabile di BYD sulle Nev, macchine a nuova energia.

6) L’Italia. Nessuno ha capito se è pro o contro i dazi. Parrebbe a favore. Stellantis non fa testo: non è italiana. Comunque, sembrava pro dazi, poi d’improvviso contro. Rammentiamo il recente sodalizio con la cinese Leapmotor, per far vendere le auto orientali nelle filiali Stellantis nel globo.

Sullo sfondo, il giochino delle seggiole: poltrone per avere stipendi d’oro nell’Ue, ma specie per influenzare le scelte del Vecchio Continente dietro la spinta di fortissimi gruppi di potere: Unione europea polveriera pronta a esplodere sui dazi auto elettriche cinesi.

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Pressione sfrenata dell’auto tedesca

La Vda, l’associazione dell’industria tedesca dell’auto, fa pressing su tutto e tutti quanto capiti sotto tiro: no ai dazi. Mentre Cina e Commissione Ue parlottano, da domani giovedì 4 luglio le imposizioni più alte (extra dazi sui dazi che già c’erano) diventano effettive, suppure provvisorie. 

La Vda evidenzia il pericolo Cina: i contro dazi di Pechino, la guerra commerciale che nessuno vuole. D’altronde, nel 2023, il valore delle esportazioni di auto dalla Germania alla Cina è stato più di tre volte superiore al valore delle importazioni dalla nazione della Grande Muraglia verso Berlino. Quello delle esportazioni dei fornitori di componenti è stato quattro volte più elevato sull’import. I tedeschi dicono: dobbiamo tutti essere più competitivi, con l’accesso alle materie prime essenziali per la transizione all’elettrico. La ritorsione di Pechino potrebbe portare tariffe aggiuntive sulle esportazioni dell’UE di cognac, carne di maiale o auto di lusso.

In una dichiarazione separata, l’amministratore delegato della BMW Oliver Zipse ha definito le tariffe un “vicolo cieco”: danneggerebbero le aziende globali, rallenterebbero la decarbonizzazione limitando la fornitura di veicoli elettrici in Europa e non farebbero nulla per rafforzare la competitività dei produttori europei.

Maggioranza qualificata: si cercano voti

I membri dell’Ue voteranno a ottobre anche se la Commissione proporrà tariffe pluriennali al termine della sua indagine. Questi verranno bloccati a una condizione: serve una “maggioranza qualificata” di almeno 15 Paesi che rappresentano il 65% della popolazione dell’Ue. Se Francia, Italia e Spagna, che rappresentano il 40% della popolazione dicessero sì ai dazi, la partita sarebbe virtualmente chiusa. Chi è per il no (Germania) cerca voti al mercato dei consensi.

Tre problemi Ue sui dazi

C’è un guaio: la Germania è abituata ad attaccare e dominare, seduta in poltrona. Adesso subisce, trotterellando su una nave che va incontro a un iceberg. Non è abituata a soffrire, combattere, strappare vittorie nei negoziati.

Bisogna pure rammentare, fra gli infiniti flop Ue, quello dei dazi anti Cina sui pannelli solari: oggi, tariffe aggirate e Pechino più dominante che mai. Bruxelles nel dicembre 2013 aveva imposto le misure antidumping e antisussidi sui moduli fotovoltaici del Dragone e sulla componentistica: rinnovati nel 2017.

Esiste infine il mistero sul rapporto di 712 pagine sulle interferenze statali cinesi e sui sussidi: questo documento si basa su cosa? È stato confermato o smentito dal diretto interessato, ossia dalla Cina? Quali invece le interferenze statali europee a livello di ogni singolo Stato a favore di Case auto locali?

Cina poliedrica, eclettica, si adatta e cambia

BYD, il più grande produttore di veicoli elettrici al mondo, deve affrontare l’aumento tariffario più basso, pari al 17,4% in aggiunta all’attuale tariffa del 10%. MG Motors, di proprietà statale della SAIC, il veicolo elettrico con marchio cinese più popolare in Europa, si trova ad affrontare l’aumento più alto. Secondo la società di ricerca Rhodium Group, le case automobilistiche cinesi, che hanno un vantaggio di costo pari o superiore al 30% rispetto ai rivali europei, lo scorso anno hanno conquistato il 19% del mercato europeo dei veicoli elettrici, rispetto al 16% nel 2022, riporta la Reuters. 

Alcuni stanno già spostando la produzione in Europa. Chery Auto, la più grande Casa automobilistica cinese per volume di esportazioni, ha firmato una joint venture con la spagnola EV Motors per aprire il suo primo sito produttivo europeo in Catalogna. BYD, il più grande rivale di Tesla, sta costruendo la sua prima base di produzione europea di veicoli elettrici in Ungheria. Tuttavia, alcuni produttori cinesi di veicoli elettrici potrebbero non avere un forte interesse commerciale per avviare la produzione in Europa, date le loro catene di approvvigionamento più economiche ed efficienti in patria e i volumi di vendita troppo bassi per giustificare il costo di una fabbrica. La risposta più semplice per le case automobilistiche cinesi è aumentare il prezzo europeo per i loro veicoli elettrici, ha affermato Yale Zhang, fondatore di Automotive Foresight con sede a Shanghai.

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